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Non solo vino dealcolato: le bevande no/low alcol da provare nel 2025

Published 1 month ago5 minute read

, acronimo di è il termine utilizzato per identificare un’ampia gamma di bevande prive o con bassissimo contenuto alcolico, un universo decisamente eterogeneo per filosofia produttiva e risultati nel bicchiere che si sta consolidando trainato da comportamenti di consumo in evoluzione.

Nel report IWSR di Dicembre 2024, l’autorità globale sui dati e sull’intelligence nel settore delle bevande alcoliche, si evidenzia come il mercato di questi prodotti stia vivendo un periodo di crescita. I volumi totali di bevande alcoliche (TBA) nei principali mercati mondiali sono diminuiti dell’1% rispetto al 2023, e del 2% rispetto ai livelli pre-pandemia. In questo scenario

Nei 10 principali mercati (USA, Australia, Brasile, Canada, Giappone, UK, sud Africa, Francia, Germania e Spagna), il segmento combinato no-alcol e a basso contenuto alcolico dovrebbe espandersi con un CAGR previsto del +4% in volume fino al 2028, con il segmento no-alcol a trainare la maggior parte di questa crescita, per un valore di oltre 4 miliardi di dollari entro il 2028.

È uno scenario che si muove con maggiore lentezza quello italiano, siamo un Paese in cui la cultura enoica è fortemente radicata nel tessuto culturale, ed è un retaggio ancorato alle radici di una Paese tra i più vecchi d’Europa, con metà della popolazione di età media superiore ai 48 anni. In queste fasce d’età le bevande NoLo non sembrano destare grande interesse al momento, anche se , secondo un recente sondaggio condotto da Unione Italiana Vini,

È di certo la Gen. Z il target di riferimento, complice un cambio di paradigma culturale e di disaffezione ai prodotti alcolici. Quel che è certo è che servono bevande che possano avvicinare un pubblico trasversale, che ci facciano salire in auto sereni senza farci rimpiangere quel calice di vino e che possano magari funzionare in abbinamento con il cibo. Se lo scenario italiano sia più pronto di qualche anno fa è difficile dirlo, nel mentre il mercato interno si sta muovendo con prodotti e filosofie decisamente eterogenee. Chi parte dalla barbabietola, chi utilizza mosto d’uva, chi tè e botaniche selvatiche. , gestita con differenti approcci ma con il medesimo scopo: scongiurare del tutto la produzione di alcol, o ridurla a gradazioni pressoché innocue.

Feral nasce in dall’intuizione di , background economico e appassionata di fermentazioni, Sebastiano Pontalti microbiologo, e Andrea Frigerio, birraio. L’idea è quella di utilizzare un ingrediente sottovalutato come la barbabietola, a cui poi aggiungere altri ingredienti del territorio ma non solo, per arricchire il profilo sensoriale.

vengono prima stabilizzati, successivamente sottoposti a “fermentazione” batterica e arricchiti poi con spezie e botaniche in macerazione. Il risultato nel bicchiere è quello di bevande naturalmente prive di alcol, con moderata presenza di zuccheri e lieve acidità sviluppata durante la fermentazione batterica. I profili aromatici sono caratterizzati dalle botaniche in infusione, la barbabietola non scompare ma le sue note terrose risultano decisamente ammansite. Interessante anche la scelta di non addizionare con CO2, ma di stimolare la chemestesi ricorrendo ad elementi piccanti, come pepe e zenzero, in grado di aggiungere quella sensorialità tattile capace di allungare il ricordo del sorso dopo la deglutizione.

: barbabietola bianca con fiori di luppolo e pepe di Szechuan, barbabietola bianca infusa con bacche di ginepro, zenzero e pimento; barbabietola rossa con infuso di mirtillo selvatico in legno di quercia, pepe nero e timo, e barbabietola rossa con mirtillo selvatico infuso con legno di quercia, lavanda e ginepro.

Dalle barbabietole ai mostri d’uva. Il progetto, presentato recentemente, nasce dall’incontro tra Riccardo Astolfi – food innovator e startupper con l’attivo progetti come Zoo Community Bakery, Maké Fermented Hot Sauce e Canning Natural- e Gianluca Bisol, storica realtà del Prosecco, oggi parte del gruppo Lunelli.

Non si tratta di vini dealcolati ma di . La prima referenza attualmente disponibile è a base di uve bianche biologiche, un uvaggio di Montuni, Grechetto Gentile e Trebbiano. Secondo quanto ci spiega Riccardo Astolfi il processo fermentativo si basa su una fermentazione mista, utilizzando batteri e lieviti non alcoligeni, e governando il processo fermentativo con pulizia e controllo rigoroso della temperatura.

Per enfatizzare l’acidità è stato aggiunto mosto di uve acerbe fornito dalla cantina Pojer & Sandri. Una volta raggiunta l’espressività aromatica desiderata la fermentazione viene bloccata con il freddo. Il prodotto viene quindi addizionato di CO₂, diluito con acqua, imbottigliato e pastorizzato. Il risultato è una bevanda caratterizzata dalla componente acidula del mosto, enfatizzata dalla vivace carbonica e bilanciata dalla componente zuccherina. Il naso ricorda un succo di mela. Il sorso è gradevole, spensierato.

“Piccoli boschi”, in questo caso quelli dell’Appennino parmense, è il nome latino scelto per raccontare Sylvulae. Il progetto, presentato recentemente in quel di , nasce dall’incontro di Greta Manfrin, medico veterinario con la passione per la gastronomia, Fulvio Vailati Canta, chef, docente ed esperto di fermentazioni, e Ciro Fontanesi, sommelier, docente e selezionatore di tè, e si concretizza nel 2023 grazie all’acceleratore d’impresa ReStartApp della Fondazione Garrone.

Sono attualmente due le bevande disponibili, entrambe realizzate seguendo un . Si tratta quindi di una fermentazione mista, principalmente batterica, governata per avere grande pulizia nel bicchiere e gradazione alcolica innocua (siamo attorno ai 1,5% vol). Il prodotto viene poi affinato in bottiglia con metodo ancestrale per almeno sei mesi. Nessuna filtrazione o pastorizzazione.

Un kombucha con tè selezionato di un piccolissimo produttore tra le sei montagne dello Yunnan, in Cina, e una a bevanda a base di getti e foglie di rovo primaverile, raccolto nei boschi di Borgo Val di Taro. Bevande di grande finezza, leggera spalla acida in equilibrio con la misurata dolcezza, bolla ben integrata nel sorso e nasi che lasciano esprimere la botanica utilizzata. Interessanti anche in abbinamento.

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