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Latte ibrido? Potrebbe convincere molte persone e ridurre l'impatto ambientale

Published 8 hours ago3 minute read

La risposta alla crisi dei latti vegetali e alle reticenze di chi non consuma volentieri quello vaccino per motivi etici e ambientali potrebbe arrivare presto nei supermercati italiani, dopo il successo ottenuto in quelli olandesi. Il latte ibrido, costituito in diverse proporzioni da latte vegetale e latte vaccino, messo a punto dall’azienda danese Planet Dairy, sta infatti conquistando una popolarità crescente, in Olanda, e per questo si sta pensando a un’espansione a livello europeo. Anche se non può essere consumato dagli allergici né dai vegani, il latte ibrido potrebbe soddisfare il desiderio di ridurre il proprio impatto ambientale di molti onnivori, preoccupati dell’allevamento intensivo di bovini spinto anche dalla produzione di latte, ma poco inclini a passare ai latti vegetali per motivi di gusto, di qualità nutrizionale e di additivi aggiunti.

Che le “bevande a base di”, come devono essere (ridicolmente) chiamate in Europa, non soddisfino del tutto i consumatori, lo ha certificato di recente il Good Food Institute, che ha mostrato come metà circa dei cittadini europei vorrebbe acquistare meno derivati del latte vaccino e più prodotti vegetali, ma anche come quelle stesse persone giudichino i latti vegetali inferiori a quello classico praticamente da tutti i punti di vista: sapore, qualità nutrizionali, modalità di utilizzo e rapporto qualità/prezzo. Per questo li acquistano soprattutto quando c’è una convenienza evidente, per esempio perché si tratta di prodotti a marchio del supermercato (private label). In Olanda, poi, dal 2022 le vendite di latti vegetali sono diminuite dell’8,3% in volumi e del 7,4% in unità, segno evidente di un momento non positivo per questi prodotti.

Woman holding a bottle of milk latte
I latti ibridi hanno tra il 20 e il 35% meno emissioni rispetto al latte vaccino.

Da qui l’idea di Planet Dairy di coinvolgere la principale catena di supermercati olandesi, la Albert Heijn, attraverso il suo marchio Farm Dairy, per proporre tre tipi di latte ibrido: intero, parzialmente scremato e scremato, con il 60 o il 70% di latte vaccino, e il resto di latte vegetale, principalmente di fava e olio di girasole. I livelli di vitamine del gruppo B sono identici a quelli del latte di vacca, e la vitamina D viene aggiunta, ma le concentrazioni di proteine e di grassi saturi sono inferiori a quelli del latte classico. Il risultato è un ottimo punteggio al Nutriscore: una B verde.

Per quanto riguarda il prezzo, è identico a quello del latte classico a marchio, per una scelta specifica, cioè 1,39 euro al litro. L’idea è quella di offrire un prodotto del tutto sovrapponibile a quello cui i consumatori sono abituati, ma con un’impronta ambientale nettamente inferiore.

Quest’ultima, poi, è certificata dall’azienda svedese Carbon Cloud, una delle principali del settore, che ha stimato una riduzione delle emissioni, per i latti ibridi, compresa tra il 20 e il 35% rispetto a quella del latte vaccino.

Va detto che i paesi del Nord Europa stanno familiarizzando da tempo con i prodotti ibridi, considerati migliori perché più salutari o più sostenibili, o entrambe le cose. Per esempio, il famoso burro salato Lurpak esiste anche in una versione chiamata Spreadable, con burro al 64%, “diluito” con olio di colza. Accolto inizialmente con grande diffidenza e combattuto dai produttori di burro classico, oggi è diventato un prodotto di grande successo. Anche per questo nei progetti futuri di Planet Dairy, secondo Food Navigator ci sono carni e formaggi ibridi, nel tentativo di farli diventare tutti parte dell’offerta normale di proteine e non solo alternative a quelle 100% animali.

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