Baby Woman, il disco di Naomi Campbell - d la Repubblica
Negli anni 90 nascevano le topo model. Erano ovunque: passerelle (e fin qui), spot, televisione, cinema. Capitava di trovarle pure ai Telegatti, sedute di fianco a Raimondo Vianello o a Corrado. Tra i primi a capirne il potenziale extra passerella fu George Michael, che nel 1990, dopo averle viste posare sulla copertina di British Vogue, le volle per il videoclip di Freedom! '90: Naomi Campbell, Linda Evangelista, Christy Turlington, Cindy Crawford e Tatjana Patitz. Tutte insieme, a fare il playback della canzone. Non solo stupende: le ragazze sapevano anche muovere la bocca a tempo. Pare che Evangelista fosse scettica all’inizio: “Il progetto è poco fashion”, disse. Fashion o no, da quel momento le comparsate delle modelle nel mondo del videoclip non si sono più contate. L’anno dopo, Michael Jackson chiamò Naomi per il video di ‘In The Closet’.
Nel 2003, per dirne un’altra, Kate Moss ballava la lap dance in ‘I Just Don’t Know What To Do With Myself’ dei White Stripes. In mezzo tante altre, da Claudia Schiffer a cui è toccata una boyband inglese (i Westlife) a Naomi, di nuovo, in lacrime in quel gioiellino di ‘Drone Bomb Me’ di Anohni.
Naomi però ha voluto fare di più, e nel 1994 il disco l'ha inciso lei. Si chiama ‘Baby Woman’ e a oggi è il primo e l'ultimo della sua carriera. Sulla copertina si depila le gambe mentre è seduta su un gabinetto.
Nonostante queste premesse, ‘Baby Woman’ è un disco di cui si ricordano in pochi, pochissimi, e forse pure Naomi oggi fa la vaga se interrogata sul tema. Criticatissimo dalla stampa, fu anche un flop commerciale: pare abbia venduto meno di 200 copie nella prima settimana d’uscita (che sono comunque di più di quanto vende il 90% dei libri in questo Paese). Pare sia andato però molto bene in Giappone. Qualche giorno fa, proprio Naomi è tornata a mettere il suo nome su una canzone. È suo il feat (stavolta solo parlato) in ‘Every Girl You’ve Ever Loved’ di Miley Cyrus.
Nel video, Naomi fa quello che sa fare meglio, posa col vento tra i capelli e recita frasi motivazionali con l'intenzione di chi sta parlando di sé stessa in terza persona: “She has the perfect scent/ She speaks the perfect French/ She's got that kind of grace/ Did Botticelli paint her face?”. Tutto molto diverso da ‘Baby Woman’, appunto. Era il 1994 e Naomi voleva dimostrare al mondo di potersi permettere tutto, anche un disco. Per questo si fiondò in studio di registrazione e tirò fuori un pugno di tracce che, riascoltandole ora, non sono poi così male come hanno voluto farci credere (soprattutto se pensiamo ai dischi di molti attori o celebrities: tipo Eddie Murphy). 11 brani prodotti da un team di professionisti scelti con gusto, come Youth, che ha lavorato a ‘Urban Hymns’ dei The Verve, per dire, e che è stato al fianco di Paul McCartney nei primi anni 90. Ma alle manopole troviamo anche Gavin Friday (The Virgin Prunes), Tim Simenon (Bomb the Bass), Bruce Roberts e PM Dawn. “Naomi non voleva fare il solito disco”, disse Gavin all’epoca. “Altrimenti non mi avrebbe chiamato e io stesso non sarei andato in studio con lei”. Gavin dice la verità: le canzoni che compongono ‘Baby Woman’, tra inediti e cover (segnaliamo ‘All Through The Night’ di Donna Summer e ‘Sunshine On A Rainy Day’ di Zoe) formano un disco che, se ascoltato ora, proprio da buttare non è. Il flop va contestualizzato: Naomi era (ed è) bellissima, ricca, famosa e pure snob. C'era davvero qualcuno che voleva sentire cosa avesse da raccontarci in musica?
Ma Naomi è Naomi, le andava di farlo e l’ha fatto. E il suo disco vi immerge in un misto di r'n'b anni 90 sporcato da vibe che ricordano a volte gli Everything But The Girl e a volte, con le dovute pinze, qualcosa di Prince o di Michael Jackson (la sua cover di ‘Life Of Leisure’ forse è il momento migliore). Insomma, ‘Baby Woman’ avrebbe potuto essere molto più brutto, raffazzonato, cheesy, e invece ci fa entrare in un mondo sonoro ben definito. Per questo è decisamente memorabile anche il primo (e unico) singolo dal disco, ‘Love and Tears’, pubblicato nell’agosto del 1994, quasi in concomitanza con l’uscita del suo primo romanzo, ‘Swan’ (direte voi: ma dove lo trova il tempo per fare tutto? Dio benedica i ghostwriter). Tornando al singolo, nel video Naomi appare immersa nel deserto, in una sorta di atmosfera Bollywood-chic-meets-glamping. All'epoca non si parlava ancora di appropriazione culturale, altrimenti Diet Prada avrebbe lavorato un mese.
Scenari replicati anche durante la sua prima (e unica) esibizione a Top Of The Pops in cui canta addirittura dal vivo, a differenza dell’altra esibizione che si trova online, sempre dello stesso periodo, nell’italianissimo ‘Vota la voce'.
Ma Naomi può fare quello che vuole, dicevamo, e l’ha fatto. E ‘Baby Woman’ rimane un disco cult, anche solo perché l’ha cantato lei. Forse non sarà stato il picco della sua carriera, forse TikTok un giorno gli ridarà il lustro che merita, forse rimarrà solo una chicca per appassionati (giapponesi). E se per voi, il disco di una supermodella rimane qualcosa di incredibile o fuori da ogni logica, vi basti pensare che qualche anno dopo Naomi avrebbe premiato Bruno Vespa ai Telegatti, che abbiamo citato all'inizio. Come avrebbe detto Elsa Schiapparelli: “In tempi duri, la moda è sempre oltraggiosa”.
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