Libia: Tripoli vacilla, Tobruk si riarma. Nuovo equilibrio tra Russia, Turchia e USA. E l'Italia? - Difesa Online
La regione occidentale della Libia, la Tripolitania, è nuovamente in fibrillazione, e con essa l’intera regione del Mediterraneo centrale. I disordini scaturiti dallo scontro fra le principali milizie armate dell’area hanno paralizzato il governo di unità nazionale (GNU) del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah e scatenato la violenza nei sobborghi della capitale, creando un clima di tensione e profonda incertezza. La tregua stabilita fra le parti1 rimane in bilico e a mettere al riparo il sempre più fragile esecutivo riconosciuto a livello internazionale - nei giorni seguenti lo scoppio della crisi finito al centro delle proteste della folla tripolina scesa in piazza per chiederne le dimissioni - nel mentre, il generale Khalifa Haftar ammassava truppe e risorse nella città di Sirte2, segnalando di essere pronto a volgere a proprio vantaggio eventuali crolli della controparte occidentale.
; la nuova crisi libica ha il suo esordio nella serata di lunedì con l’uccisione di Abdelghani al-Kikli, influente comandante della milizia Stability Support Apparatus3 (SSA - affiliata al Consiglio presidenziale), da parte di membri della brigata 444 e della 111, quest’ultime vicine al Ministero della Difesa del governo di unità nazionale del misuratino Dbeibah.
Al-Kikli e la sua scorta sono stati uccisi in un vero e proprio agguato nei pressi della base di Tekbali a Sud di Tripoli, nella sua storica roccaforte4. L’esecuzione del comandante e la seguente offensiva mossa contro la milizia SSA, privata del centro di comando e presa probabilmente di sorpresa, hanno permesso alle milizie vicine al governo di Tripoli di occuparne le postazioni militari e le infrastrutture nell’intera zona di Abu Salim5, mega carcere compreso.
Il successo ottenuto è stato commentato sia dal ministero della Difesa6 che dal primo ministro Dbeibah sul proprio profilo di X nella con queste parole: “Le mie congratulazioni vanno ai ministri dell’Interno e della Difesa, ai membri dell’esercito e della polizia per i loro significativi risultati nell’instaurare la sicurezza e nell’imporre l’autorità statale nella capitale. Ciò che è stato raggiunto oggi conferma che le istituzioni regolari (così definisce quelle a lui vicine) sono in grado di proteggere la patria e preservare la dignità dei cittadini e costituisce un passo decisivo verso la fine dei gruppi irregolari (ostili o indipendenti al primo ministro) e l’instaurazione del principio che non c’è posto in Libia, tranne che per le istituzioni statali”7.
Che non si trattasse esclusivamente di una lotta di potere fra le milizie “lealiste” e quelle “irregolari” e che quindi la vicenda potesse essere definitivamente archiviata, ma che quanto accaduto non fosse solo che una parte di un disegno un po' più articolato e complesso, è divenuto evidente il giorno seguente. Il , mentre i gruppi armati della brigata 444 e 111 scatenavano una nuova offensiva contro un’altra potente milizia, la Special Deterrence Force (SDF, anch’essa associata al Consiglio presidenziale ma di matrice salafita), conosciuta anche come al-Radaa, il primo ministro Dbeibah con una serie di decreti ridisegnava l’impalcatura securitaria del Governo. Fra le tante riforme, esemplare quella che dispone lo scioglimento del Dipartimento di polizia giudiziaria per le operazioni e la sicurezza giudiziaria – guidato da Osama Elmasri – e della Direzione per l’immigrazione illegale8. Entrambe le iniziative, militare dei gruppi armati e politica del primo ministro, sono però fallite.
Il gruppo armato delle SDF è riuscito a reggere l’urto dell’offensiva riuscendo a stringere un’intesa puramente tattica con tutte quelle fazioni escluse dal processo di accentramento del potere in corso9; è in quest’ottica che va inquadrato l’inserimento di milizie provenienti dalle città di Zawiya e Wershefana, situate a Ovest di Tripoli, negli scontri urbani nella capitale. Il capovolgimento della situazione ha quindi suggerito al Governo di unità nazionale di accettare il cessate il fuoco proposto dal Consiglio presidenziale10.
In sostanza: pare evidente il tentativo del Governo di unità nazionale di puntellare la propria presenza sul territorio escludendo, anche eliminando, dai gangli delle istituzioni e dei principali corpi securitari, quei gruppi armati a esso non allineati e che, al contempo, abbia cercato di sostituirli con altri considerati più vicini. Quella che era partita come un’operazione contro una singola milizia (conclusasi relativamente in breve tempo e oltretutto con successo) si è trasformata in una vera e propria guerriglia urbana nei sobborghi della capitale libica fra le principali milizie della Tripolitania. Tripoli non assisteva a simili scontri urbani, come quelli verificatisi nelle notti dal 12 al 14 maggio, dall’agosto del 2023. Anche in quest’ultima occasione gli attori che fecero piombare nel caos la principale città della Libia furono proprio la milizia SSA di Mahmoud Hamza e le SDF di Abdul Raouf Kara.
Da parte delle autorità politiche, per il momento, non sono stati rilasciati dati ufficiali in merito al , tuttavia, considerando l’intensità e soprattutto l’area densamente popolata degli scontri – Abu Salim, Al Hadhba, Al Jaraba, Ain Zara e Souq al Juma – è presumibile che la cifra sia elevata e per questo volutamente insabbiata11.
Sporadici episodi di violenza si sono verificati anche dopo l’entrata in vigore del cessate-il-fuoco. Migliaia di residenti della capitale libica si sono riversati nelle principali piazze e vie della città per protestare contro il Governo di unità nazionale chiedendone le dimissioni. Sabato è morto un agente di polizia in seguito alle ferite da arma da fuoco riportate durante le contestazioni del giorno precedente, davanti la residenza del primo ministro misuratino12 nel quartiere di Sikka Road. Lo stesso giorno, per la prima volta dall’inizio della crisi, Dbeibah mandava un messaggio alla nazione nel quale forniva le motivazioni per quanto accaduto. In sintesi, il primo ministro ha difeso l’operato del suo governo e delle forze di sicurezza e descritto l’operazione nel distretto di Abu Salim quale misura necessaria per sradicare l’influenza delle milizie da Tripoli e dalla Libia13.
È difficile pensare che le autorità politiche e militari della Tripolitania abbiano intrapreso tali iniziative senza, almeno, consultare prima la Turchia, anche se non è scartabile a priori l’ipotesi che abbiano cercato di capitalizzare un momento percepito da loro favorevole agendo in maniera occulta. Sebbene la base di sostegno, o la popolarità che dir si voglia, del primo ministro del Governo di Unità nazionale si stia rapidamente erodendo, Ankara rimane saldamente in controllo del suo avamposto nel Nordafrica. Comunque è anche per quest’ultima motivazione che la Turchia ha, recentemente, ricalibrato il suo approccio alla Libia14. In scia al processo di disgelo avviato con l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti e al pragmatismo che contraddistingue una certa politica locale, Ankara ha gradualmente aperto anche alla controparte libica stanziata nella Cirenaica, il generale Khalifa Haftar.
A fronte delle ingenti risorse finora dispiegate per accrescere l’influenza ancirana nell’area, e per evitare che queste vadano perse qualora “crolli il castello”, gli apparati anatolici hanno deciso di legarsi (anche) agli ex rivali. Emblematica del caso la visita di Saddam Haftar, capo di stato maggiore delle forze di terra del Libyan National Army, dello scorso 4 aprile nella capitale turca15. Sul tavolo delle discussioni fra le parti: esercitazioni congiunte, piani per addestrare l’esercito e il supporto tecnico per l’utilizzo di droni di fabbricazione turca16.
L’altro attore che gioca un ruolo fondamentale e che può tentare di utilizzare il nuovo stallo politico-militare in Libia per consolidare ulteriormente la propria influenza, è la . Mosca, dopo aver rinvigorito la propria presenza a queste latitudini trasferendo personale e attrezzature militare dislocate nella Siria di Bashar al-Assad, punta a stabilire una testa di ponte in Cirenaica per supportare ulteriormente la penetrazione del continente africano, soprattutto nel Sahel, e che sia al contempo una potenziale spina nel fianco del fronte meridionale dell’Alleanza Atlantica. Nelle ultime settimane i contatti diretti fra Mosca e Tobruk sono aumentati sensibilmente.
Il generale Haftar era ospite a Mosca per le celebrazioni del 80° anniversario della Grande Guerra Patriottica. In più giorni ha incontrato il ministro della Difesa Andrei Belusov, il segretario per il Consiglio di sicurezza russo Sergei Shoigu e, infine, il presidente Vladimir Putin17. In Libia, a Bengasi, si è invece recato il per l’anniversario dell’Operazione Dignità il viceministro della Difesa russo e capo degli Africa Corps18, Yunus-Bek Yevkurov. Nella parata sono state esibite dal Libyan National Army, per la prima volta, un rilevante numero di armi pesanti russe, dai sistemi di difesa aerea a corto raggio a veicoli corazzati19.
Russia e Turchia hanno rilasciato una dichiarazione comune in seguito alla visita del ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, a Mosca il . Nel comunicato, riportato dal Ministero degli Esteri russo, oltre a impegnarsi nel rafforzamento del partenariato russo-turco e nella promozione di un’agenda politica positiva, i due vicini hanno concordato di esercitare le rispettive influenze sulle parti libiche per evitare un aggravamento della situazione che rischia di essere fatale per entrambi20.
Merita di essere menzionato l’atteggiamento e il conseguente comportamento degli Stati Uniti nei confronti della Libia. Nonostante il Paese nordafricano non sia una delle maggiori priorità per Washington è possibile intravedere un deciso in stile tutto americano. Oltre alle esibizioni di forza mostrate nel febbraio, il 26 del mese due bombardieri strategici B-52 hanno sorvolato lo spazio aereo libico in una esercitazione21, e nell’aprile scorso, quando nei porti di Tripoli e Bengasi22 ha attraccato l’ammiraglia della sesta flotta, la Mount Whitney, è da sottolineare il ritorno, a distanza di più di dieci anni, della multinazionale impegnata nel settore energetico, la Wheaterford 23. Sono state intraprese anche azioni diplomatiche tese a rinsaldare i legami reciproci. A fine aprile Saddam Haftar è stato ricevuto dal Dipartimento di Stato24, e suo fratello, Belqassem al Forum libico-americano per lo sviluppo e la ricostruzione di Washington25, infine, a distanza di più di dieci anni è stato ricevuto un viceministro della Difesa libico al Pentagono26.
In sintesi: dimostrazioni di forza, presenza sul terreno – anche con l’utilizzo di compagnie militari private27 – e investimenti nel settore petrolifero sono la nuova tattica americana per la Libia.
. La postura di Roma appare paradossale, nonostante sia l’attore che più beneficerebbe da un’eventuale stabilizzazione della Libia è, per le stesse motivazioni, quello che per prossimità geografica e interessi strategici rischia maggiormente da un’eventuale nuova guerra in Libia.
La situazione attuale della Tripolitania ricorda, per molti versi, quella di fine 2018. L’allora Governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez al-Sarraj finì per essere soggiogato dall’influenza e dalla violenza delle varie milizie armate. Tale congiuntura contribuì sensibilmente a convincere il generale Haftar a tentare un’offensiva su larga scala nell’aprile del 2019 per prendersi la capitale e unificare il Paese. Oggi pare altamente improbabile questo scenario,