Donatella Versace su Vogue Italia: leggete l'intervista integrale
La Milano Fashion Week dedicata alle collezioni autunno inverno 2025 2026 accoglie la presentazione del libro di Vogue Italia “Il Sogno” il coffee table book che omaggia la fotografia di moda e la visione creativa del magazine attraverso 150 scatti d'autore e che fa parte delle celebrazioni per i 60 anni del nostro giornale.
Sul palco in occasione della presentazione, insieme a Francesca Ragazzi, saliranno Anna Wintour - che ha curato anche l'introduzione al libro - e Donatella Versace, amiche da tanti anni oltre che protagoniste, insieme, della storia della moda degli ultimi decenni. Nel giorno che precede la sfilata della sua maison e a poche ore dalla presentazione del libro, rileggiamo l'intervista che Donatella Versace ci aveva concesso in occasione della cover a lei dedicata nel 2022.
«Le interviste mi innervosiscono sempre un po’: tra l'altro continuo a chiedermi perché avete scelto me per questa copertina, un giorno me lo spiegherete». Si potrebbe riassumere con questa frase pronunciata a cuor leggero, mentre sorseggia il caffè da una mug decorata di cristalli e con le iniziali DV, la forza travolgente eppure inconsapevole di una donna come Donatella Versace. Una vita entrata già nella storia, l'ironia leggera con la quale oggi – vestita di un completo verde acido – guarda il mondo e se stessa, a fronte di una carriera che ha cambiato il guardaroba di tutte le donne del mondo: è questo il segnale di un’umanità pulsante, una qualità rara in un mondo come quello della moda, dove ad abbondare sono personalismi e manie.
Signora Versace, lei ha lanciato le top model negli Anni 90: basterebbe questo per inserirla nell'Olimpo della storia del costume…
Mi stai davvero dando del lei? Non scherziamo (ride). Quell'idea mi venne perché all'epoca c'era una distinzione netta tra le modelle da show e quelle che apparivano nei servizi fotografici, già famose. Io proposi di usarle per le sfilate, loro erano terrorizzate. “Ma come si fa a camminare in passerella?”, mi chiedeva Christy. «Fregatene, cammina come quando sei a casa tua. E non fare la modella. Sii te stessa». E che si divertissero, che fossero amiche, anzi sorelle, si vedeva, come si vedeva nel video di George Michael, “Freedom”, dove appaiono tutte insieme.
Donatella Versace nel ritratto di copertina di Mert Alas e Marcus Piggott
La sorellanza sembra essere un concetto a te molto caro: nell'ultima campagna, dove appari con Gigi e Bella Hadid, è ribadita l'importanza della famiglia, e dei legami di stima tra donne. Chi sono le sorelle di Donatella?
Linda, Cindy, Claudia, Kate, Naomi, ieri, e donne come Gigi e Bella oggi. Le prime le ho conosciute giovanissime, quando andavo a New York per seguire le campagne pubblicitarie del brand, scattate da Richard Avedon: siamo diventate più sorelle che amiche. Con Naomi litighiamo, ma dura cinque minuti, proprio come tra due donne che hanno un legame di sangue. Aiutarsi e stimarsi, tra noi, è oggi più importante che mai.
E in effetti, in questo momento storico, la figura e il ruolo della donna si stanno finalmente evolvendo...
C'è ancora molto da fare, ma mi sembra che abbiamo tirato fuori un'attitude diversa, anche perché – scusa ma devo dirlo (si rivolge all'addetto stampa seduto al suo fianco, ndr) – noi donne abbiamo qualcosa in più. Abbiamo un'intelligenza emotiva maggiore e una capacità a livello manageriale di farti sentire parte di un'azienda, di un percorso, che gli uomini non hanno (in Versace, più del 60% dei dipendenti sono donne, e il 48% di loro ricopre posizioni executive, ndr). Dopo i movimenti femministi degli anni 70 abbiamo vissuto anni non belli: sembrava chic scomparire, stare un passo indietro, vestirsi di questi completi maschili squadrati, col tacco basso, come a voler cancellare il proprio corpo, perché volevamo essere “prese sul serio”. Less is less, and looks like less: quando ti vesti così, la moda, per me, ti sta costringendo a sentirti “meno”. Mentre per me la moda è colore, felicità, e i vestiti devono infonderti coraggio. Farti sentire “più”. Perché noi donne, “più”, lo siamo già.
Bodysuit di spandex BALENCIAGA, blazer doppiopetto di grain de poudre SAINT LAURENT BY ANTHONY
VACCARELLO, cintura di pelle VERSACE
La bellezza di Versace sta anche nella democraticità con la quale ha abbracciato la body positivity. Per la primavera estate 2022 il brand ha messo in passerella non solo modelle curvy, ma, a differenza di molti, ne ha fatto esplodere la sensualità con i mini dress...
Le ho volute mettere tutte in passerella, Jill, Precious, Alva, per dare un messaggio importante. Nel backstage Precious Lee mi baciava, mi abbracciava. Le ho chiesto “perché?”. La risposta è stata che nessuno l'aveva mai fatta sfilare in un abito corto e stretto. Io penso che sia normale, anzi, necessario: a me non era venuto neanche in mente di coprirla, volevo sottolineare la sua femminilità, una caratteristica che non è certo prerogativa esclusiva di chi è alta 2 metri e porta la 38. Versace ha come obiettivo quello di far sentire le donne – ma anche gli uomini – sensuali, potenti, libere. La diversità, intesa come molteplicità di ideali di bellezza, va abbracciata. E io amo la molteplicità di forme nella quale si esprime la bellezza femminile.
Negli ultimi anni, però, anche gli uomini stanno adottando stilemi legati classicamente al femminile, dalla nail art in poi. Credi che anche loro stiano abbandonando certi stereotipi?
In realtà aveva già fatto tutto lui più di 30 anni fa (indica un quadro, appeso alle pareti dell'ufficio, che immortala Prince in una canotta di maglia metallica, ndr). Ho lavorato con Prince negli anni 90, aveva il suo laboratorio di vestiti dove portavo le mie sarte: si realizzavano abiti con piume e tacchi alti, e li indossava con assoluta nonchalance. Questo per dire che per me l'uomo che adotta stilemi del vestire femminile non è certo una novità, anzi: sperimentare con i vestiti è la normalità. Spero che oggi lo si faccia con lo stesso spirito di ieri, quello di mostrarsi al mondo con coraggio e autenticità, come faceva Prince, e non perché è una tendenza.
Una contemporaneità, quella di oggi, che il brand racconta con sfilate che sono diventate, di nuovo, le più ambite: sembra che dalla Tribute collection – ovvero la primavera estate 2018 dedicata a Gianni Versace – il brand stia attraversando una primavera creativa. C'è anche, in questo risultato, una rinascita personale?
La verità? Sì, perché mi sono liberata. La morte di mio fratello è stata così brutale che ho passato anni in stato di shock, senza farmene una ragione. Il nostro rapporto era complice, io ero la sua ombra, vivevamo insieme sul lavoro e nel privato. Ricordo ancora di quando organizzava queste grandi feste e poi all’improvviso andava via, dicendomi “fai tu, io vado a letto”. E io lì, a intrattenere le rockstar che mi chiedevano “dov’è Gianni?”.“Eh, ora arriva”. Per questo, agli inizi, sono stata insicura, mi sentivo gli occhi del mondo addosso, sentivo nell'aria della diffidenza: ero lì, a fare il direttore creativo, non certo perché qualcuno mi aveva promossa, ma perché dovevo sostituire lui. Non mi sento di aver realizzato collezioni bellissime, agli inizi, e a volte, quando guardo vecchie foto, inorridendo, cerco di dare la colpa al mio team creativo. “Non è che questo l'avevi fatto tu?”(ride, ndr). Cercavo di seguire la corrente del minimalismo, ma non era il mio stile.
Abito di gomma lucida CHRISTOPHER KANE
Cosa è cambiato?
Che, da Gisele a Gigi, compresi i ragazzini su Instagram, mi chiedevano tutti dove poter trovare jeans e camicie vintage di Versace, che io indossavo: ho percepito una grande voglia di tornare al massimalismo. La gente aveva di nuovo voglia di vestiti carichi di vita, energia. E su quello, io ero prontissima.
Però, il mondo della moda, come molti altri ambienti lavorativi, non è a misura di donna: ti sei mai sentita ostacolata?
Neanche una volta, anche se ci hanno provato tutti, soprattutto agli inizi. “Sei una donna, occupati di fare i tuoi vestitini poi noi decidiamo se vanno bene o no”: a dirlo erano uomini con la cravatta e il completo grigio, laureati in Economia, che pensavano di sapere cosa avrebbe funzionato senza mai essere usciti di casa. Una laurea l'ho presa anche io, eh, ma la moda non si può insegnare, devi essere tu a guardarti intorno, uscire, capire. E ho pensato, dopo molti anni, che se Gianni mi consultava per tutte le sue decisioni più importanti, forse non ero così incompetente come volevano farmi credere. Ricordo che facevamo certi teatrini divertenti… lui mi chiedeva cosa ne pensavo un look, io gli dicevo “non mi piace”, lui mi rispondeva “non capisci niente”, “allora me ne vado, lasciami andare”. E lì lui a richiamarmi urlando “Donatella!”. Due macchiette. Non ti dico cosa succedeva quando doveva confrontarsi con le rockstar e le loro richieste. Una volta Prince, che curava spesso le colonne sonore delle sfilate di Versace, mi chiese di mettere il suo simbolo sulla sua sedia di fianco alla passerella, ma di lasciarla vuota. Gianni mi guardava e mi diceva “Donatella, certo che i pazzi li conosci tutti tu, eh”. Se avesse saputo cosa significava una delle canzoni che Prince aveva scritto per noi, dove ripeteva in maniera martellante i nomi delle top model, intervallate dal verso “Pussy Control”...
Abito di latex, cintura di pelle, occhiali da sole VERSACE.
Non glielo hai mai detto?
Per carità. Gli dissi “Gianni, sta dicendo pussycat” (gattino, ndr). Era una sfilata di couture, al Ritz di Parigi, con tutti i giornalisti più importanti. Se ci penso…
In effetti Versace ha sempre rivendicato, con i suoi abiti, il diritto della donna a vivere la sua sessualità in maniera libera. Lo diceva Prince alle vostre sfilate più di 20 anni fa, e questo concetto oggi è diventato di nuovo centrale. Non ti sei sentita pioniera?
No, perché 20 anni fa nessuno l'ha capito (ride, ndr). Continuavo a spiegare anche ai miei amici come quella scelta musicale fosse anche sociale. Ma non c'è stato verso...
Canti nella doccia?
Per carità, stordirei tutti! Però se entri a casa mia, sembra di essere ad un concerto rock.
Questa tua attitudine piace molto ai giovani: sei un'icona per la Gen Z, con la quale parli su Instagram. Cosa ne pensi di loro?
Credo fortemente nella Gen Z: sono convinta che saranno loro a cambiare il mondo. Sanno osare, non hanno pregiudizi, non gli interessa vivere secondo le regole degli altri, e pretendono, giustamente, di essere riconosciuti, senza bisogno di essere “accettati”. E fanno benissimo. Perché se pensi che le tue idee valgano e meritino il tuo impegno, devi sostenerle fino alla fine: in azienda io faccio così, che si tratti di idee mie o di idee degli altri nelle quali credo. Bisogna metterci la faccia: poi rischi di essere giudicata, come spesso mi è successo. Ma a me spaventano pochissime cose nella vita. Dopo quello che ho passato, ho capito che ciò che abbiamo oggi può finire da un momento all'altro: a chi importa se qualcuno ti giudica?
Lasciamelo chiedere: Donatella Versace si nasce o si diventa?
La verità? Così lo sono sempre stata. Quindi sì, Donatella si nasce.
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CREDITI
DONATELLA VERSACE
Foto: MERT ALAS AND MARCUS PIGGOTT
Styling: JACOB K
Giacca di vernice, cintura e pump VERSACE, top, pantaloni e guanti di latex ATSUKO KUDO, gioielli mix VERSACE e personali di Donatella.
Sulla pelle, Atelier VERSACE Éclat de Rose.
Hair: PAUL HANLON
Make-up: RENATO BERNARDI