Fashion retail nei film: 10 scene cult indimenticabili spiegate
I fashion retailer non sono solo luoghi magici dove il look (o in senso più ampio, il guardaroba) prende forma. Da sempre, hanno segnato i cambiamenti socio-culturali, seguendo le nuove inclinazioni, gusti ed esigenze che si sono modificati nel tempo. Un posto fisico (ma sempre più digitalizzato) che va oltre al mero commercio: si instaura un legame personale, spesso di fiducia, con chi si trova dall'altra parte del bancone o con il brand stesso, fino a diventare immagine forte e identificativa di un'epoca.
In Al paradiso delle signore, già Zola trasforma il grande magazzino in una potente metafora del progresso e del consumismo. Da un lato, ne evidenzia il fascino irresistibile sulle donne della borghesia parigina, attratte dalla modernità e dall'abbondanza di merci; dall’altro, ne mostra gli effetti negativi, come la rovina delle piccole botteghe e il cambiamento delle dinamiche sociali tradizionali. Ma il cinema ne è un testimone ancora più determinate nel definire le dinamiche e i cambiamenti dei fashion retailer, e di chi li frequenta, grazie alle sue immagini simboliche nonché iconiche.
Courtesy Everett Collection
Un piccolo assaggio dei fashion retail nei film lo abbiamo nel 1940 in , una commedia che diventa testimone delle relazioni che si instaurano all'interno del negozio: non è un puro fashion retailer, come oggi lo intendiamo, bensì un emporio dove si può trovare un po' di tutto, . Ma è fedele all'epoca di riferimento: la moda è ancora strettamente legata all'atelier, ovvero la sartoria che confeziona capi su misura visti in sfilata, su qualche rivista o creati appositamente per un'occasione d'uso.
Margaret Sullavan e Sarah Edwards in “Scrivimi fermo posta”, 1940
Courtesy Everett CollectionIl film simbolo è sicuramente : racconta l’ascesa di Coco Chanel e la nascita della sua iconica maison, sottolineando come un piccolo atelier possa diventare un simbolo globale di eleganza e raffinatezza. La scena finale mostra la nota “scala degli specchi” nel tempio Chanel - atelier, retailer e passerella delle sue sfilate - al numero 31 di rue Cambon. Gabrielle “Coco” Chanel ha creato un , offrendo tutto ciò di cui avevano bisogno in un unico luogo.
Al primo piano della storica boutique si potevano acquistare profumi, prodotti di bellezza, gioielli e accessori, come cappelli, sciarpe, guanti e borse, mentre i raffinati Saloni Haute Couture accoglievano le clienti in cerca di creazioni su misura. Il secondo piano ospitava il suo appartamento, dove trascorreva le giornate prima di ritirarsi ogni sera nella sua stanza al Ritz Hotel. Al terzo piano si trovava lo studio creativo, cuore pulsante dell’ispirazione, mentre nei piani superiori prendevano vita le collezioni, realizzate negli atelier.
Nel secondo dopoguerra c'è un rapporto stretto, quasi personale, tra sarta e committente/cliente, che cambia completamente con l'arrivo del - ovvero del “pronto moda” - dove l'Italia ne è leader. Lo sviluppo del Made in Italy è strettamente legato alle industrie dei distretti (seta, cashmere, cuoio, per citarne alcuni), e si creano collezioni che si presentano attraverso la formula sfilata per poi arrivare in negozio o nei grandi magazzini, già sviluppate e “pronte”, disposte per taglia (e sempre più disponibili in più colori o fantasie). È qui che si crea la magia, . Ed è da questo momento che cambia tutto, proprio con il boom economico. Questo perché il potere di spesa di allarga e tutti vogliono e possono accedere al sogno moda.
Bettmann
Ecco tutto questo diventa immagine forte, nel cinema internazionale, tanto da regalare sequenze iconiche (o persino meme). Come quella nel negozio di vestiti in (Pretty in Pink, 1986) che rappresenta bene il contrasto tra classi sociali e lo stile individuale della protagonista, Andie Walsh (interpretata da Molly Ringwald). In questa scena, Andie entra in un negozio di abbigliamento di lusso con l'intento di cercare un vestito. Lei, proveniente da una famiglia modesta, si trova a disagio nel negozio, dove le commesse la trattano con sufficienza e superiorità a causa del suo abbigliamento semplice.
C'è una forte tensione di classe: Andie non viene vista come una potenziale cliente “seria” perché non si adatta al target elitario del negozio. Questa scena sottolinea uno dei temi principali del film: la lotta di Andie per affermare sé stessa - iconico il suo look che, mescolando pezzi vintage e creativi, è diventato un simbolo della moda alternativa degli anni '80) in un mondo diviso tra ricchi e poveri. La sua reazione dignitosa e fiera alla condiscendenza delle commesse dimostra il suo carattere forte e indipendente.
Molly Ringwald in “Bella in Rosa”, 1986
Everett Collection (8208)La scena è spesso paragonata a quella di (1990) in cui Vivian (Julia Roberts) viene trattata male in un negozio di lusso. In questa pellicola cult indimenticabile è proprio la scena in cui Vivian viene di fatto rifiutata da un negozio di Rodeo Drive. Nonostante la disponibilità economica (in modo maldestro tira fuori tutti i soldi che ha nella sua borsetta ma non è sufficiente per convincere le commesse per farsi aiutare nella scelta degli acquisti moda), torna il giorno successivo trionfante e irriconoscibile con il suo .
In antitesi troviamo un'altra sequenza, quella di , la commedia romantica diretta da P. J. Hogan e ispirata ai romanzi di Sophie Kinsella. L'attrazione (anche fatale) per l'acquisto e lo shopping compulsivo sono al centro della trama e qui ci sono più scene che descrivono molto bene il : manichini che si animano per invitare a entrare (e comprare), carte di credito da scongelare e l'ennesima svendita dove fare l'ennesimo acquisto inutile. Ma la scena in negozio più iconica è quella che vede la protagonista, la super stilosa Rebecca Bloomwood (Isla Fisher) accompagnare il suo capo dai vestiti anti-fashion Luke Brandon (Hugh Dancy) in un negozio di lusso: contro ogni aspettativa lui sa esattamente cosa vuole, ed è il “top di gamma” (nonché simbolo dello stile sartoriale italiano), ovvero un completo Prada. Da qui la viralissima battuta “”: oltre all'ironia, si percepisce come la moda sia un linguaggio vero e proprio, che vuole essere decodificato attraverso gli abiti che si scelgono (o no) di indossare.
La prima immagine cinematografica potente è sicuramente Audrey Hepburn in , tratto dal romanzo breve di Truman Capote e pubblicato nel 1958. Il libro racconta la storia di Holly Golightly, una giovane donna affascinante, indipendente e dallo spirito libero che vive a New York negli anni ‘40. Si mantiene con la compagnia di uomini facoltosi, sognando una vita di , simboleggiata dalla gioielleria Tiffany & Co., dove trova conforto nei momenti difficili: quando torna a casa all’alba gusta un cornetto con caffè davanti alle sue vetrine, mentre di giorno si perde tra le teche di cristallo che contengono i gioielli americani. Oltre al simbolismo evidente, dobbiamo ricordare quanto Tiffany & Co. sia stato lungimirante nella fruizione del prodotto proprio in negozio: permettendo al cliente di osservare seguendo un preciso percorso espositivo diviso per tematiche e fasce di prezzo, rendendo così più accessibile il sogno del gioiello (fino a quel momento i monili venivano rinchiusi in cofanetti e predisposti solo su richiesta).
Courtesy Everett Collection
Bergdorf Goodman in è simbolo di lusso e raffinatezza, un vero paradiso per gli amanti della moda e dello shopping di alta gamma. Nel film, Carrie Bradshaw si immerge tra le creazioni di designer e accessori da sogno, lasciandosi trasportare dal fascino irresistibile dell’eleganza e dello stile. Questa scena non è solo un momento di puro fashion, ma rappresenta anche il potere emotivo dello shopping, spesso legato a momenti di cambiamento e trasformazione nella vita. Per Carrie, scegliere un nuovo vestito significa più di un semplice acquisto: è un rito, una dichiarazione di sé, un modo per affrontare le sfide e le nuove fasi della sua esistenza con sicurezza e grazia. Bergdorf Goodman diventa così non solo una location esclusiva, ma un luogo simbolico in cui .
Sempre nella pellicola pop del 2008, c'è una scena iconica che introduce il fascino del pre-loved: Carrie nota che la sua nuova assistente, Louise, si presenta ogni settimana con una borsa firmata diversa. E dopo i complimenti per una Louis Vuitton, ben orgogliosa dichiara: . Così si dichiara che vintage o semplicemente pre-loved è cool. Il servizio che utilizza è Bag Borrow or Steal e permette di noleggiare borse di lusso senza doverle acquistare. La scena è un perfetto riflesso del contrasto tra i due personaggi: Carrie, che ha costruito la sua vita tra scarpe e accessori di alta moda, e Louise, che sogna di possedere quegli oggetti ma, per il momento, si accontenta di affittarli. È un momento divertente, ma anche significativo, che mostra il desiderio di lusso e l’ingegnosità di chi trova un modo per viverlo senza spendere una fortuna, anche con un occhio più sostenibile.
©New Line Cinema/Courtesy Everett Collection
Meno nota ma carica di ironia è la scena di consolazione in , un rifacimento dell'omonimo film del 1939, diretto da George Cukor. Entrambi i film sono basati sulla commedia teatrale The Women di Clare Boothe Luce, scritta nel 1936. Oltre alla più nota scena dei camerini, dove c'è il confronto tra moglie tradita (Meg Ryan) - vestita con abiti semplici e casual che prova un completo intimo di pizzo bianco - e l'amante del marito (Eva Mendes) - con abiti aderenti e super sexy in un audace corsetto nero -, è interessante una delle scene iniziali quando Sylvia Fowler (Annette Bening) entra per fare un'ispezione moda nei grandi magazzini e, abbassando gli occhiali, individua a colpo d'occhio i prodotti cult e i più desiderabili, i “must” di stagione, tutti ben disposti al piano terra. Qui si denota come il , per stimolare la curiosità nonché l'acquisto.
In (2003), una delle scene più iconiche e divertenti del film si svolge all’interno di un grande magazzino, dove Harry (Alan Rickman) cerca di acquistare in segreto un regalo di Natale per la sua amante. Il commesso del negozio, interpretato da Rowan Atkinson, , rallentando il processo con una cura maniacale per ogni dettaglio del pacchetto regalo. Mentre Harry cerca disperatamente di concludere l’acquisto in fretta, per paura di essere scoperto dalla moglie, il commesso si impegna in un confezionamento straordinario: aggiunge petali profumati, un rametto di lavanda, nastri decorativi e persino un sacchetto profumato, il tutto con una lentezza esasperante.
La scena diventa sempre più assurda e snervante per Harry, che cerca di mantenere la calma mentre Atkinson continua ad aggiungere elementi con un’eleganza teatrale. Il momento culmina quando il commesso propone di aggiungere anche una “spruzzatina di cannella”, esasperando definitivamente Harry. La scena è un perfetto esempio di comicità sottile e situazionale, arricchita dall’interpretazione esilarante di Atkinson e dalla crescente frustrazione di Rickman.
LOVE ACTUALLY, Rowan Atkinson, 2003, (c) Universal/courtesy Everett Collection©Universal/Courtesy Everett Collection
Infine una scena-incontro che cambia i destini dei due protagonisti Jonathan Trager (John Cusack) e Sara Thomas (Kate Beckinsale) in . Il fashion retailer è solo una location di sfondo che rappresenta la vita caotica e confusa di tutti i giorni, dove l'incontro dell'anima gemella - in questo frastuono - diventa l'occasione unica. La scena si svolge in un grande magazzino di New York, addobbato per le festività natalizie, immerso in un’atmosfera calda e scintillante. Mentre la folla si muove frenetica tra gli scaffali alla ricerca di regali, Jonathan e Sara afferrano contemporaneamente l’ultimo paio di guanti di cashmere nero. Entrambi rifiutano di cedere all’altro, dando il via a un simpatico scambio di battute e sorrisi che rivelano immediatamente una . Affascinati l’uno dall’altra, iniziano a chiacchierare con leggerezza, scoprendo una sintonia inaspettata. Anche se entrambi sono già impegnati sentimentalmente, il momento è così perfetto che decidono di passare insieme un po' di tempo. Così, quel semplice guanto diventa il simbolo dell’incontro e dell’inizio di una storia d’amore guidata dal destino. Galeotto fu… il regalo trovato per disperazione in un magazzino.
©Miramax/Courtesy Everett Collection
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